Pagina:Poemetti italiani, vol. IV.djvu/164

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Sta fra le rughe della fronte sculto
Ponderamento astronomo, e novello
Del peripato sprezzator pensiero.
Non serba il volto un color solo, e torvo
Sembra guatar del mobil primo il corso,
Che dall’orto all’occaso, immensa via,
Seco in un giorno i ripugnanti cieli
Turbinando rapisce e volve in giro:
Or gli epicicli de’ pianeti e il vasto
Eccentrico rotar laberintèo
Fremendo osserva, or dal littoreo Cancro
Al Capro, dell’Esperia onda tiranno,
Il sol vagante e la mutabil luna.
Indi, la vista gravemente tarda
A Saturno volgendo, a Giove, a Marte,
Si meraviglia di vederne i corpi
Nell’opposta del ciel parte sublime
Più grandeggiare a noi movendo intorno.
Sdegnosamente alfin dietro le spalle
Gittando alto la clava ponderosa,
Sfende il cristal girevole, e de’ cieli
Sfascia i solidi cerchi. Ululi e fioche
Voci confuse al vasto rovinio
Mettono l’ombre, a passeggiar le Stoe
E ’l frondoso Academo un tempo avvezze;