Pagina:Poemetti italiani, vol. IV.djvu/170

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La dotta voce nel pensier mi suona:
— Vedi — dicea — que’ sette globi? Il centro
Di que’ moti è nel sol. La vasta massa
Dell’infocato suo terreno attragge
Ogni minor pianeta, e con tal forza
Stende su lor di gravità l’impero,
Che dovrebbero tutti a lui nel grembo
Piombar miseramente, ésca aggiungendo
Di quel liquido foco all’ampio mare.
Ma provvido a’ pianeti un retto impresse
Corso il gran Fabbro, e bilanciollo in guisa
Col tiranno poter che al centro inchina,
Che d’ambo uniti ne compose un curvo
Inalterabil raggirante moto,
Onde al lucido sol fanno corona.
Ma l’attraente forza ognor decresce,
Se lungi move dal suo centro il corpo,
E se degli astri l’inegual distanza
Tu replichi in se stessa: anco saprai
Dal numero, che quadro indi n’emerge,
Quanto il vigor di gravità si scemi.
Nota non meno ti sarà qual tempri
Armonica ragion le corse vie
Del pianeta rotatile col tempo,
Se di Keplero ascolterai la voce,
Ch’alto rimbomba per l’etra profondo,
E gli astri infrena e n’equilibra i moti,