Pagina:Poemetti italiani, vol. V.djvu/140

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Il confin d’orïente: in altra parte,
Virtù bevendo di scoprir nel bujo
Flutto a l’errante marinar la stella,
Da l’amato macigno il ferro pende.
Qui declinando per accesa canna,
O tocca da l’elettrica favilla,
Vedrai l’acqua sparir; nascer da quella
Gemina prole di mirabil aure;
L’onda dar fiamma, e la fiamma dar onda.
Benchè, qualor ti piaccia, in novi aspetti,
Veder per arte trasformarsi i corpi;
O sia che in essi, ripercosso e spinto
Per calli angusti, o da l’accesa chioma
Tratto del Sol per lucido cristallo,
Gli elementi distempri ardor di fiamma,
O sia ch’umide vie tenti; e mordendo
Con salino licor masse petrose
Squagli; e divelle le nascoste terre
D’avidi umori vicendevol preda
Le doni; e quanto in sen la terra chiude
A suo piacer rigeneri, e distrugga
Chimica forza: a le tue dotte brame,
Affrettan già più man le belle prove.
Tu verserai liquida vena in pura
Liquida vena, e del confuso umore
Ti resterà tra man massa concreta,
Qual zolla donde il Sole il vapor bebbe.