D’un culto mentitor ministri rei
Temean che il mondo a esaminar prendesse
I portenti del ciel sì vari e bei
E che le leggi d’un sol nume espresse
D’un nume creatore omnipossente
Nelle stelle, e nel sole alfin leggesse.
Che il sommo Giove o il Dio dal gran tridente
Di quei bruti medesimi era più infame
Che offria sull’are l’ingannata gente.
Che sanguigne del ciel non son le brame
E che servian le vittime svenate
Dei Preti solo a satollar la fame.
Così dall’impostura ottenebrate
Centro credean la terra agli astri, e al sole,
Le ignare genti dell’antica etate.
E in nebbia d’oscurissime parole
Spiegava i cicli suoi l’astronomia
Qual cieco che tenton proceder vuole.
Ma Copernico alfin sgombrò la via
Di verità dal tenebror vetusto
E l’invida confusa ipocrisia
Dell’universo il sol fè centro augusto
E ’l doppio moto annuo e diurno scorse
Di questo ove abitiam pianeta angusto.
Distrusse i cieli, è in suo sostegno accorse
La fisica de’ fatti indagatrice,
E base eterna al suo sistema porse.