Pagina:Poemetti italiani, vol. X.djvu/24

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     185A questo dir Giunon di rabbia accesa
Negli occhi, e più nel cor sfavilla, ed arde,
E le risponde: son d’ogni mia offesa
Le vendette maggior più che son tarde:
Gran tempo ho sopportato esser offesa,
190Non che le forze mie non sian gagliarde,
Ma mi parea viltà d’usarle seco,
Essendo vil fanciullo ignudo, e cieco.

     Ma poich’è divenuto sì arrogante,
Che voi discaccia, ed osa offender noi,
195Per noi tre insieme, ancor che sia bastante
Io sola a far quel, che farete voi:
Vada all’ingiuria la vendetta innante,
Sieno tutti spuntati i strali suoi,
Il parer della Dea fu a tutti caro,
200E subito nel mondo ritornaro.

     L’assunto all’Avarizia ne fu dato
Di condur ad effetto il lor pensiero;
Ella, ch’ha il tempo comodo appostato,
Ritrova amor di sue vittorie altero;
205Col sembiante di Venere a lui grato
Se gli appresenta, e copre il volto fiero,
E l’invita a posar, com’ella suole
Nel suo perfido sen con tai parole.