Pagina:Poemetti italiani, vol. X.djvu/70

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O stampa l’orme o le radici affonda,
Le fere, i tronchi, e quest’erbe, e quest’acque
Abbiano abitatori, abbiano Numi.
Per te già scorgo in un momento nate
Dal poetico mio celabro acceso
Mille forme vivaci e mille idee
Al fiato, al soffio, ed al poter del forte
Tuo spirto creator. Come al possente
Alitar de’ robusti ignudi petti
Che di Muran ne le fornaci ardenti
S’adopran notte e di d’intorno a un lago
Di liquida ripien pasta infocata;
Una gocciola sola, onde s’intinge
L’estremità de le forate canne,
Tanto si stende a poco a poco, e gonfia
Per l’artifizio del polmon ventoso,
Che un ampio globo fassi, indi si schiaccia
Docil nei lati, e su la liscia pietra
Formasi in quadro, o si bislunga, e torce
In sottil callo, infin che bocca e labbri,
Cui la tagliente forbice pareggia,
Apre a versarne in genial convito
I soavi licor, che s’hanno in pregio.
Tal veggio, o Diva, al cenno tuo ne l’alma
Nascermi fantasie, forme, e sembianti;
E figurarsi, e crescere, e divino
Prender aspetto, io non so come, e volto: