Pagina:Poemetti italiani, vol. X.djvu/90

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Con poche mani opera molta, e gente
Che qua si sparmia, altrove abbondi, e sudi.
Nè già ti smuova dalla bella impresa
Bisbigliar delle genti, obbliquo riso,
Vano pianto, o lamento, all’opre degne
Usato premio, e solita mercede.
Vorrai forse, signor, provvido all’uopo
Di città popolosa, a cui divida
Rapido fiume il sen, con ponte unire
Le divise contrade? Ecco che tosto
Un nautico clamor t’assorda, o noi
Meschini, o remo inutile, o barchetta,
Al fiume si dà un giogo, a noi la morte:
Eh volgi il ponte omai, signor, nè sia,
Che di tutti osti al bene il mal di pochi
L’ire del mare in miglior barca affronti.
Il nocchier di fiumana, Achille in terra
Per la patria il fucil la spada impugni.
Arte, o vitto non manca all’uomo industre,
E il buon legislatore a Dio simile.
Non fa col più quel, ch’ei può far col meno.
Vedi colà dai Batavi Aquiloni
Dell’aereo mulin l’ala ricurva
In giro spinta, e vedila ingegnosa
Querce annose segar, frangere il grano.
Vedi il mar d’Aquitania, e il Narbonese
Mescer lungo Pirene i pesci, e l’onda,