Pagina:Poemetti italiani, vol. XII.djvu/10

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     Or perchè umana gloria ha tante corna,
Non è gran maraviglia, s’a fiaccarle
123Alquanto oltra l’usanza si soggiorna.
     Ma cheunque si pensi il vulgo, o parle,
Se ’l viver vostro non fosse sì breve,
126Tosto vedreste in polve ritornarle.
     Udito questo (perchè al ver si deve
Non contrastar, ma dar perfetta fede)
129Vidi ogni nostra gloria al Sol di neve.
     E vidi ’l tempo rimenar tal prede
De’ vostri nomi, ch’i’ gli ebbi per nulla;
132Benchè la gente ciò non sa, nè crede,
     Cieca, che sempre al vento si trastulla,
E pur di false opinion fi pasce,
135Lodando più ’l morir vecchio, che ’n culla,
     Quanti felici son già morti in fasce!
Quanti miseri in ultima vecchiezza!
138Alcun dice; Beato è chi non nasce.
     Ma per la turba, a’ grandi errori avvezza,
Dopo la lunga età sia ’l nome chiaro,
141Che è questo però che sì s’apprezza?
     Tanto vince, e ritoglie il tempo avaro:
Chiamasi fama, ed è morir secondo;
144Nè più che contra ’l primo è alcun riparo.
     Così ’l tempo trionfa i nomi, e ’l mondo.