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Pagina:Poemetti italiani, vol. XII.djvu/124

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     Non le cupide nari aprìano al vento,
Nè battean le sonanti unghie sul suolo,
Ma imitavan con passo tardo e lento
Dell’amato signor l’angoscia e il duolo;
Quand’ecco uscir dall’umido elemento
Orrido un mugghio e rintronante il polo,
Gonfiansi l’onde e si raddoppia il grido,
Ed ecco un tauro grandeggiar sul lido.

     Con quattro corna alto minaccia e schiude
Gran fauci armate di ritorti denti;
Di squamme ha il tergo maculato e crude
Schizzano fiamme le pupille ardenti;
Densa notte lo segue e intorno il chiude
Al carro incontro ed a’ corsier fuggenti,
Dalle squamme percossa al ciel va l’onda,
E d’orribili grida empie la sponda.

     Invan l’Eroe stringe le briglie e infrena
Gli anelanti cornipedi feroci,
Che or la testa rizzando ed or la schiena
Spaventati si slanciano e veloci
Fuor di sentier per l’Epidaura arena
Fatti sordi alla man, sordi alle voci
Già un sasso il cocchio col timon percuote,
E infranto l’asse ne schizzar le ruote.