Pagina:Poemetti italiani, vol. XII.djvu/220

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Cercando il caro suo pastor che il guidi
Soavemente a nutricarsi al prato,
45A dissetarsi dolcemente all’onda,
Ahi più non è quel vigile custode
Saèttator del vizio! or giace immerso
Nel sen di morte, e seco pure, ahi lassa!
Spenta è la fama della gloria nostra.
     50Così del giusto duol l’immensa piena
Mentr’egra Pinerol iva sfogando
Tuona a sinistra, e d’alta luce un lampo
Folgoreggiando le squassate nubi
Fuga improvviso. - Maèstosamente
55Cinto di raggi la celeste fronte
Ecco il Genio apparir dell’angosciosa
Città, che tratta è fuor di se per tanta
Luce, cui guardo uman regger non puote.
     Perchè, Figlia diletta, e perchè mai
60All’eccesso del duol sì incautamente
Lanci in preda il tuo cor; che il grave affanno
A disperazion quasi s’adegua?
E temer puoi, che la superna mano,
La man d’un Nume, opra di cui soltanto
65Erano i giorni di letizia aspersi,
Che tu devota al suo voler godevi
E all’ombra assisa dell’aurata verga
Di Lui, che pieno di sue leggi sante
Eragli caro un dì? Figlia, t’inganni,