Pagina:Poemi (Byron).djvu/106

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104 il corsaro

Un’antenna, una vela, armato un legno.
Il nocchiero che veglia, da la barca
Primo lo scorge rapido accostarsi,
Col terrore sul fianco; è presso, sbocca
Una vampa, la palla fugge, fischia,
Passa innocua, ne l’onda s’inabissa.
Sorge dal mesto suo letargo intanto
Corrado, e sulla fronte la sbandita
Gioja richiama, ed » è mio, dice, è mio
» Il sanguigno vessillo! Or più rammingo
» Non son per l’acque, e solo!....» Il noto segno
Conoscer, salutar, raccôr le vele,
E lo schifo apprestar, da l’altra parte
Opra è d’istanti. «È Corrado!.... Corrado!»
Lieti gridano tutti, e non v’è cenno,
Non obbedienza che il clamore affreni,
Or che orgogliosi lo riveggon sorto
A la sua tolda. Sui feroci volti
Spunta un sorriso, e le ruvide braccia
Mal si rattengon da un amplesso. Obblìa
Quasi Corrado i rischj e le sventure,
E qual più a Duce si convien, cortese
S’arrende a tanto giubilo; d’Anselmo
Stringe la destra, e anco una volta sente
Il desìr de le imprese, e de’ trïonfi!....