Pagina:Poemi (Esiodo).djvu/271

Da Wikisource.

LA GARA FRA OMERO ED ESIODO 157

seduti in assemblea, visibile fregio alle genti:
piú decorosa è la casa, se il fuoco vi brilla, a vedere,
nei dí d’inverno, quando giú fiocca la neve dal cielo.

Di lí andò a Corinto, recitò i poemi, ne riscosse grande onore. Poi andò in Argo, e recitò i seguenti versi dell’Iliade (II, 560 sg.):

E quei ch’Argo e Tirinto tenevano cinta di mura,
ed Ermïone ed Asíne, costrutte sul golfo profondo,
ed Epidàuro, ricca di vigne, ed Eióne e Trezène,
e quei figli d’Acaia che avevano Egina e Maseta:
guidati eran costoro dal pro’ Dïomede, e dal caro
figlio di Capanèo famoso, da Stènelo; e terzo
Euríalo iva con essi, l’eroe che sembrava un Celeste,
figlio di Mecistèo sovrano, figliuol di Telone.
Ma tutti quanti poi li guidava il guerrier Dïomede;
e ottanta negre navi seguiti li avevano a Troia.
Ed uomini eran qui schierati maestri di guerra,
gli Argivi dai corsali di lin, pungiglioni di guerra1.

E i primati degli Argivi, oltremodo lieti dell’elogio che il piú celebre dei poeti tributava alla loro stirpe, lo onorarono con doni preziosi, ed erettagli una statua di bronzo, decretarono che si celebrasse un sacrifizio in onore d’Omero ciascun anno, in un mese e in un giorno stabilito, e che ogni anno si mandasse un altro sacrificio a Chio. E sulla sua statua scrissero il seguente epigramma:

Questi è il divino Omero, che l’Ellade tutta superba
fregiò con la saggezza de la parola ornata,
  1. Gli ultimi due versi non si trovano in Omero.