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Pagina:Poemi (Esiodo).djvu/53

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PREFAZIONE xlix

che viene accordata. Non c’è dubbio che qui c’è il riflesso di un logico e normale avvenimento storico.

Se non che, finora vediamo lineamenti storici molto generici. Assai piú specifici e caratteristici divengono con la propria storia dei Giapètidi. Solo, per vederli, bisogna che non ci faccia velo la lunga opera di trasformazione a cui tutta la leggenda dei Giapètidi, e massime la figura di Promèteo, andò sottoposta per opera forse della tradizione, e certo della poesia, a cominciare da Eschilo.

A chi consideri questa leggenda, si presenta spontanea una dimanda, che infatti fu formulata da piú d’un critico: perché Giove per vendicarsi di Prometeo infierisce sugli uomini? — Perché — si risponde Prometeo era loro amico. Ma è risposta anodina; ed esaminando attentamente le circostanze del mito, se ne può trovare una piú soddisfacente.

Due volte vediamo i Giapètidi venire in contatto coi Cronidi.

Una volta quando Efesto, per incombenza di Giove, reca Pandora ad Epimeteo (Opere e giorni, 84). Quivi, dice il poeta della Teogonia (586), «erano insieme uomini e Numi»1.

Ma che carattere avrà avuto questa adunanza? Ci aiuta a rispondere un altro passo della Teogonia, in cui si dice che la beffa di Prometeo ebbe luogo a Mecone (l’antico nome di Sicione), «dove ebbe luogo la contestazione fra i Numi immortali e gli uomini»2.

Ora, quale fu il carattere di tale contestazione? Perché il poeta non lo dice? È strano. Ed anche piú strano è vedere che questi Numi onnipotenti, che, come si raccoglie da tutto

  1. Ἔνθα περ ἄλλοι - ἔσαν θεοι ἠδ᾽ἄνθρωποι.
  2. Verso 535: Ὅτ᾽ἐκρίνοντο θεοὶ θνητοί τ᾽ἄνθρωποι. Non vedo che all’ἐκρίνοντο si possa tribuire valore diverso.