Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
lxxii | ESIODO |
e le compone in atteggiamenti e vicende ove sembrano acquistare forme e colori, intensità e calore di vita.
Sarà Giuramento che «corre ove si dettano inique sentenze» (219), e d’intorno gli svolano le Erinni. O Eris, che, mentre tutta la torma dei malanni si precipita fuori dal doglio, si accovaccia sotto l’orlo del doglio.
Saranno, ampliandosi il quadro, Giustizia e Verecondia, che
lungi dalla terra dall’ampie contrade, le belle
membra celando tutte nei candidi manti, all’Olimpo,
fuggono, fra le tribú dei Numi, dagli uomini lungi.
Sarà, infine, la meravigliosa ipotiposi di Giustizia.
E di Giustizia il piato si leva, se giudici ingordi
via la discacciano, e dànno sentenza con torto giudizio.
Traverso le città segue ella, piangendo, e pei borghi,
entro una nebbia ascosa, recando malanni ai mortali,
che l’hanno posta in bando, che furono giudici iniqui.
E lo stesso avviene per i miti piú propriamente umani. È vero che non era proposito del poeta cantarli nelle Opere e i giorni. Però, di alcuni fa pur menzione, e non breve; ma questi non sono attinti né alle ricchissime fonti dei miti Beoti, né a tutta l’altra serie dei miti piú propriamente achei, che, come in un meraviglioso arazzo, già si stendevano nei varii poemi del ciclo epico1. Egli ricorda, come l’autore della Teogonia, il mito dei Giapètidi. E in questo, ha un’estensione speciale, fa corpo a sè, l’episodio di Pandora. E accanto a questi, il mito delle cinque età del mondo, mito che, secondo
- ↑ Alcuni di questi, e tutta la materia, in qualsivoglia elaborazione, devono essere anteriori ad Esiodo.