Del popol tutto. Oh, il dí piú non ritorna
Ch’ei tauro immane le strambe spezzò,
E mugghiò ne l’arena, e su le corna 40I regi i preti e gli stranier portò!
Mescete vino, amici. E sprizzò allora
Da i cavi di Marat occhi un balen
Di riso; ei sollevò da l’antro fuora 44La terribile fronte al dí seren.
Matura ei custodía nel sen profondo
L’onta di venti secoli e il terror:
Quanto di piú feroce e di piú immondo 48Patîr le plebi a lui stagnava in cor.
Le stragi sotto il sol disseminate,
I martír d’ogni sesso e d’ogni età,
I corpi infranti e l’alme vïolate 52E le stalle del conte d’Artoà,
Tutto ei sentía presente: il sanguinoso
Occhio rotava in quel vivente orror,
E chiedea con funèbre urlo angoscioso 56Mille vendette ed un vendicator.
De l’odio e del dolor l’esperimento
Il cor gli ottuse e il senso gli acuí:
Ei fiutò come un cane il tradimento, 60E come tigre ferita ruggí.