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118 LA MUSOGONIA

     568Che su l’aureo tuo scettro in piè si folce1:
Tu beato, tu saggio e onnipossente,
     E degli uomini padre e degli dei2:
     Tu provvida del mondo anima e mente,
     Tu regola de’ casi o fausti o rei:
     A te cade la pioggia obbedïente:
     A te son ligi i dí sereni e bei:
     A te consorte è Temi e Palla è figlia3,
     576E da te scende il saggio e ti somiglia.
Sacri sono a Gradivo4 i buon guerrieri,
     Gli artefici a Vulcano, a Febo i vati;
     A Cinzia5 i cacciator selvaggi e feri
     Della sposa fedel dimenticati;
     De’ popoli a te, Giove, i condottieri,
     E tu la mente ne governi e i fati.
     Deh! l’anime supreme, in cui s’affida
     584L’itala libertà, soccorri e guida.


581. Nell’ediz. del ’93 il primo canto, cominciando da questo verso, finisce cosí: A te, Giove, i regnanti, e tu i pensieri Ne tempri, o padre, e ne proteggi i fati. Al crudo nembo ch’or gli avvolge e preme, Deh, tu gli togli e tu difendi insieme. Cesare salva, che le auguste gote All’egra Europa rasciugando viene, E la franca sul Reno idra percote E i vacillanti troni erge e sostiene. Salvalo; e tante fumeran devote L’are al tuo nume sulle vinte arene, Che men poscia ti fia dolce e gradito D’Etiopia l’ospizio e il pio convito. E voi, numi del frigio pellegrino Cui dier le fiamme rispettose il passo, Dei Penati, e tu Marte e tu Quirino Che immoto del Tarpeo serbate il sasso, Voi che tutta dell’italo destino Mai non volgeste la potenza in basso, Contro il Gallo fellon che varca il monte Destatevi e levate alto la fronte. Pietà d’Ausonia, a cui di pianto un rio Bagna la guancia delicata e casta, E nel sen v’addimostra augusto e pio Il solco ancor della vandalic’asta. Assai pagò la dolorosa il fio Di non sue colpe che l’han doma e guasta. Deh! piú non la percota iniqua spada. Che non v’ha parte intatta ov’ella cada. Tu, germanico eroe, che in biondo pelo Mostri, invitto Francesco, alto consiglio. Tu ricomponi alla piangente il velo. Ch’ella t’è madre, e madre prega al figlio. Vien, pugna, e salva la ragion del cielo, Ché ben per Dio si corre ogni periglio; Vieni, e al furor del seme empio di Brenno Il petto opponi di Cammillo e il senno.

583. Deh le bell’alme elette in cui (C. ’21).

584. Nell’ediz. del ’26 il poemetto, cominciando da questo verso, finisce cosí: L’umana compagnia, proteggi e guida. Proteggi insieme delle Muse il canto, E ciò torni a tuo pro. Morta è la lode De’ numi e degli eroi dove del santo Elicona sonar l’inno non s’ode: Molta virtú sepolta giace accanto Alla viltà, perché non ebbe un prode Vate amico al suo fianco; e le bell’opre Che non hanno cantor l’oblio ricopre.

    canto teban: la poesia di Pindaro. Cfr. la nota al v. 59, p. 12.

  1. si folce: si appoggia.
  2. padre ecc.: Ovidio Metam. II, 848: pater, rectorque deum.
  3. A te consorte ecc.: ti è sposa Giustizia e figlia Sapienza.
  4. Gradivo: Marte. Cfr. Virgilio En. III, 35.
  5. Cinzia: la luna. — i cacciator ecc.: È l’oraziano (Od. I, i,