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178 IN MORTE DI LORENZO MASCHERONI

     Quel magnanimo dir; ma nella gol
Spense i detti una voce che gridava:
     Pace al mondo: e quel grido un improvviso
     225Suon di cetere e d’arpe accompagnava.
Tutto quanto l’Olimpo era un sorriso
     D’amor; né dirlo né spiegarlo appieno
     Pur lingua lo potria di paradiso.
Si rizzâr tutte e quattro in un baleno
     230L’alme lombarde in piedi; e ver’ la plaga1,
     D’onde il forte venia nuovo sereno,
Con pupilla cercâro intenta e vaga
     Quest’atomo rotante2, ove dell’ire
     E degli odii si caro il fio si paga.
235E largo un fiume dalla Senna uscire
     Vider di luce, che la terra inonda
     E ne fa parte al ciel nel suo salire.
Tutto di lei si fascia e si circonda
     Un eroe, del cui brando alla ruina3
     240Tacea muta l’Europa e tremebonda.
Ed ei l’amava: e, nella gran vagina
     Rimesso il ferro, offrí l’olivo al crudo4


225. Suono di cetre (C.).
232. Con pupilla cercar (L.).
235. L’ediz. L. reca di questo verso e de’ segg. la variante che da essa riporto: E dall’antica parte al ciel salire Vider fosca e tremenda una figura, Che passando fa gli astri impallidire. Venía ravvolta di sanguigna e scura Meteora, e tutta la celeste traccia Seminava di lampi e di paura; Qual lugubre cometa che si slaccia Gli orridi crini, e l’atterrita terra Dislocar da’ suoi cardini minaccia. Era questi il nemboso angiol di guerra, Che al ciel torna traendo in suo sentiero Le procelle adunate in Inghilterra. Solo ei torna, dappoi che il gran guerriero, Cui fu da Dio spedito, al suo rivale Cesse del mondo il disputato impero. Pigra la forza allor delle bianch’ale L’almo di pace portator non tenne, Ma piú veloce di partico strale Sull’atlantico mar sciolse le penne, E le d’olivo sospirate fronde Sul colmo infisse delle brune antenne, Alto gridando: Libertà dell’onde: E l’onde che l’udîr, liete da tutti Corsero i seni a carezzar le sponde. Surse libero allora il re de’ flutti, E, dalle stalle d’Etiopia algose Gli alipedi immortali al caro addutti, Fuor de’ gorghi chiamò le rugiadose Figliuole di Nereo che de’ metalli Fluttuanti il tonar tenea nascose; Glauce che i verdi di Nettun cavalli Pasce d’ambrosia, e Drimo, e Spio vermiglia, Di zoofiti amante e di coralli, Galatea che nel sen della conchiglia La prima perla invenne, e Doto, e

    cesco Melzi di Eril [1753-1816], in appresso duca di Lodi, fu uno de’ piú saggi e piú illuminati cittadini di Milano. Riparatosi a Parigi por l’invasione degli Austro-Russi, fu dopo la battaglia di Marengo nominato da Bonaparte a vice-presidente della Repubblica Italiana, che governò per quattro anni con molto senno e prudenza». Mg.

  1. 230. la plaga: la parte di ciclo.
  2. 233. Quest’atomo rotante: la terra, ch’è, al dire dell’Alighieri, «L’aiuola che ci fa tanto feroci». Par. xxI, 151.
  3. 239. alla ruina: all’impeto, alla potenza.
  4. 242. l’olivo al crudo ecc.: la pace all’Inghil-