Vai al contenuto

Pagina:Poesie (Monti).djvu/295

Da Wikisource.

CANTO TERZO 279

     A canto al focolar molce con lungo
     Sonnifero stridor l’ombra notturna;
     E Filomena nella siepe ascosa
     510Va iterando le sue dolci querele1.
     In quel silenzio universale anch’essa
     Adagiossi la dea vinta dal sonno,
     Che dopo il lagrimar sempre sugli occhi
     Dolcissimo discende, e la sua verga
     515Le pupille celesti anco sommette2.
     Quando il gran padre degli dei, che udito
     Dell’amica dolente il pianto avea,
     A lei tacito venne; e, poi che stette
     Del letto alquanto su la sponda assiso,
     520Di quel volto sí caro addormentato
     La beltà contemplando, alfin la mano
     Leggermente le scosse, e nell’orecchio
     Bisbigliando soave: O mia diletta,
     Svégliati, disse, svégliati; son io
     525Che ti chiamo; son Giove. A questa voce
     Il sonno l’abbandona; apre le luci,
     E stupefatta si ritrova in braccio
     Del gran figliuolo di Saturno. Ed egli
     Riconfortala in pria con un sorriso,
     530Che di dolcezza avría spetrati i monti3
     Ed acchetato il mar quando è in fortuna;
     Poscia in tal modo a ragionar le prese:
     Calma il duolo, Feronia: immoti e saldi
     Stanno i tuoi fati e le promesse mie4;
     535Né ingannator son io, né si cancella
     Mai sillaba di Giove5. Ma profonde
     Sono le vie del mio pensiero, e aperta
     A me solo de’ fati è la cortina.
     Non lagrimar sul tuo perduto impero:
     540Tempo verrà che largamente reso
     Tel vedrai, non temerne, e i muti altari
     E le cittadi e i campi e le pianure
     Dai ruderi e dall’onde e dalla polve


    506. l’insetto ecc.: «il grillo domestico, che si annida nelle case presso il focolare». Pierg.

    al v. 98, p. 13.

  1. 509. E Filomena ecc.: cfr. la nota al v. 67, p. 211.
  2. 514. e la sua verga ecc.: Perciò Omero (Iliad. XIV, 284: trad. M.) chiama il sonno «re de’ mortali e degli dei».
  3. 530. Che di dolcezza ecc.: «Cosí Virgilio (En. I, 254): Olli subridens hominum sator atque deorum Voltu quo coelum tempestatesque serenat Oscula libavit natae. E prima di lui Ennio: Iuppiter hic risit, tempestatesque serenae Riserunt omnes risu Iovis omnipotentis». Mt.
  4. 533. Calma ecc.: Virgilio En. I, 257: Parce metu, Cytherea; manent immota tuorum Fata tibi.
  5. 535. né si cancella ecc.: