Pagina:Poesie della contessa Paolina Secco-Suardo Grismondi tra le pastorelle arcadi Lesbia Cidonia, 1820.djvu/134

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     70Inutil freno all’implacabil fato,
     Stende intrepido il piede inver la tomba.
     Ma pensi pur, che a Lei d’Italia un giorno
     L’arti belle varcàr, che fausti a Lei
     D’un magnanimo Re sotto gli auspicj
     75Volaro i Rossi, i Primaticci, i Vinci,
     E mille Genj, onde poi bella sorse,
     Ed onde ognor più bella il capo estolle.
     O Senna, o della Senna amate rive,
     Sebben di questo a me natìo terreno,
     80Che l’arte a gara, e la natura ornaro,
     Gli alti pregi io ravvisi, a voi d’intorno
     Spesso d’un grato immaginar sull’ali
     Pur mi rivolgo, de’ soavi giorni,
     Di cui lunghesso a voi beommi il Cielo,
     85Ricordevole ancor spesso io ragiono.
     E Tu, Signor, ben hai ragion se prendi
     Della Francia gli Eroi, l’inclite imprese,
     Il regale splendor, le pompe, e i ludi
     Co’ tuoi versi a innalzar, qual già si udìo
     90Di Sulmona il Cantor alla più tarda
     Posterità mandar di Roma i fasti;
     Ma troppo lunga, nè difficil troppo
     Non ti sembri però la via, che adduce
     A queste avventurose Itale piagge,
     95Che sempre fur d’Apollo in cura, e dove