Che troppo ardito abbandonate avea.
De’ passati periglj or più non rieda
A me l’immagin trista; il Ciel, la via
Tutto facile arride, ed agii cocchio 100Col variar de’ fervidi destrieri
Già volando mi scorge ai Toschi lidi.
Fernando glorïoso inclito germe
Della Medicea stirpe a queste liete
Piagge, dov’or mi aggiro, abbiette un tempo, 105Ed a pochi nocchier note soltanto,
Forza diede e splendor; Ei di robuste
Le ornò marmoree moli, e qui dell’ire
Del mar cruccioso, e dell’insidie ostili
A mille e mille nazion diverse 110Donò placido asilo, ond’or Livorno
E di ricchezze e d’ogni merce abbonda,
E di popolo immenso ondeggia e ferve.
E Tu, celebre Alfea, che un dì l’impero
Dell’Oceàn reggesti a portar guerra 115Su cento usate e cento armate prore
Oltre all’onde Tirrene in ogni lido,
E a mieter palme, e a debellar nemici
Di Cartago, e di Roma emula invitta,
Non ti lagnar se il crudo alato Veglio 120Che tutto urta e, distrugge, alfin pur volle
Contra te stessa esercitar sua possa.