Pagina:Poesie della contessa Paolina Secco-Suardo Grismondi tra le pastorelle arcadi Lesbia Cidonia, 1820.djvu/187

Da Wikisource.

175

     Che troppo ardito abbandonate avea.
     De’ passati periglj or più non rieda
     A me l’immagin trista; il Ciel, la via
     Tutto facile arride, ed agii cocchio
     100Col variar de’ fervidi destrieri
     Già volando mi scorge ai Toschi lidi.
     Fernando glorïoso inclito germe
     Della Medicea stirpe a queste liete
     Piagge, dov’or mi aggiro, abbiette un tempo,
     105Ed a pochi nocchier note soltanto,
     Forza diede e splendor; Ei di robuste
     Le ornò marmoree moli, e qui dell’ire
     Del mar cruccioso, e dell’insidie ostili
     A mille e mille nazion diverse
     110Donò placido asilo, ond’or Livorno
     E di ricchezze e d’ogni merce abbonda,
     E di popolo immenso ondeggia e ferve.
     E Tu, celebre Alfea, che un dì l’impero
     Dell’Oceàn reggesti a portar guerra
     115Su cento usate e cento armate prore
     Oltre all’onde Tirrene in ogni lido,
     E a mieter palme, e a debellar nemici
     Di Cartago, e di Roma emula invitta,
     Non ti lagnar se il crudo alato Veglio
     120Che tutto urta e, distrugge, alfin pur volle
     Contra te stessa esercitar sua possa.