Oh quante volte allor che in me conversi
Fulser gli occhi indulgenti del Lombardo,
72E spirti egregi ad onorarmi fersi,
Ridissi a me con palpito gagliardo
La saluzzese cuna, e mi ridissi
75Che grata a me rivolto avresti il guardo!
E poi che in ogni Itala riva udissi
Mentovar la mia scena innamorata,
78Ed ai mesti Aristarchi io sopravvissi,
L’aura vana, che fama era nomata,
Pareami gran tesor, ma vieppiù bello
81Perchè a te gioia ne sarìa tornata.
Mie mille ardenti vanità un flagello
Orribile di Dio ratto deluse,
84E negra carcer mi divenne ostello.
Non più sorriso d’immortali Muse!
Non più suono di plausi! e tutte vie
87A crescente rinomo indi precluse!
Ma conforti reconditi alle mie
Tristezze pur il Ciel mescolar volle,
90E il cor balzommi a rimembranze pie.