Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico I.djvu/208

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Del captivo l’afflitta alma s’estolle
     A vita di pensier, che in qualche guisa
     93Il compensa di quanto uomo gli tolle.

E quella vita di pensier, divisa
     Era le non molte più dilette cose,
     96Ora è tormento ed ora imparadisa.

Io fra tai mura tetre e dolorose
     Pregava, e amava, e sentìa desto il raggio
     99Del pöetar, che il cielo entro me pose.

Miei carmi erano amor, prece, e coraggio;
     E fra le brame ch’esprimeano, v’era
     102Ch’essi alla cuna mia fossero omaggio.

Io alla rozza, ma buona alma straniera
     Del carcerier pingea miei patrii monti,
     105E allor sua faccia apparìa men severa.

E m’esultava il sen, quando con pronti
     Impeti d’amistà quel torvo sgherro
     108Commosso si mostrava a’ miei racconti.

Pace allo spirto suo, che in mezzo al ferro
     Umanità serbava! A lui di certo
     111Debbo s’io vivo, e a’ lidi miei m’atterro.