Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico I.djvu/279

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Benchè mirasse nel suo clero istesso
     Carlo intelletti perfidi cotanto,
     Lo sperante suo cor non fu depresso,
     252Ma allor anzi doppiò di zelo santo;
     Non ebber più nel santüario accesso
     Tai che d’avi o d’ingegno avean sol vanto;
     Purificata ei la lombarda Chiesa
     256Volle ed ottenne, ad alti esempli intesa.

Mentre corregger egli e sublimare
     I suoi tempi ed i posteri anelava,
     E in peste orrenda visto fu esemplare
     260Di pietà fra la turba afflitta e ignava,
     E in nessuna miseria il casolare
     Del poverello ei mai non obblïava,
     Pur non tacea di basse alme lo sdegno,
     264Ed era ei spesso ai vilipendii segno.

La luce de’ suoi fatti alle sincere
     Menti dimostra qual mortale ei fosse;
     E quando ascese alle superne sfere,
     268Confusa alfin calunnia ammutolosse.
     Della Chiesa ogni santo condottiere
     Sovra l’orme di Carlo indirizzosse,
     Ed oggi ancor sulle lombarde rive
     272Delle virtù del Grande il frutto vive.