Sono una damigella e due famigli. 440Quand’ella giunse a’ piè dell’alte mura
Del castello d’Irnando, un momentaneo
Palpitamento presela, e memoria
Di perfidie tornolle, ahi troppo allora
Frequenti fra baroni! e pensò quale 445Disperato dolor fora a Camillo,
Se il visitato sire oggi smentisse,
Brïaco d’odio, il vanto invïolato
Che di leal s’ebbe sinora! Il guardo
Volse alla damigella; e impallidita 450Era al par d’essa. Il guardo volse ai duo
Famigli, e impalliditi erano, e osaro
Interroganti dir: ― Retrocediamo?
— Stolti! diss’ella; e rise, ed innoltrossi.
Intanto del castello in ampia sala 455La romana bellissima traea
Dalla ricca di gemme ed indorata
Conocchia il molle lino, e fra le punte
Di due candide dita lo umidiva;
Indi con grazia angelica all’eburneo 460Fuso il pizzico dava, e con accento,
Che a labbra subalpine il ciel ricusa,
Cavalleresche melodìe cantava.
Belli come la madre accanto a Elina