― Qual? le dimanda Elina.
— D’ottener tua amistà, di consolarmi 490Teco de’ miei dolori.
― E che? Infelice
Sei tu? Come? . . .
E nel troppo accelerato
Immaginar, già Elina e il cavaliero
Presumon ch’ella fugga il ritornante
Camillo forse, ch’a lor occhi un mostro 495Verso tant’altri, un mostro esser dee pure
Verso la sciagurata a lui consorte.
Ad Ildegarde appressansi amendue,
Ed Irnando le dice: — Il ferro mio
Non fallirà, s’hai di mestier difesa. 500Ma oh stupor! La soave, in altro modo
Che non credean, prosegue:
― Il sol non vede
Donna di me più dal suo sposo amata,
O buona Elina, e anch’io, quando al castello
È il mio signore, ed io filo cantando, 505Spesso il miro al mio fianco, ed accompagna
La mia colla sua voce; e molte volte
Abbaian nei cortile i guinzagliati
Cani pronti alla caccia, ed alla caccia
Propizio è l’aer di levi nubi sparso,