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III.


     Di te, Religïon, nobile è ufficio,
L’affrontare imperterrita coll’arme
510Delle temute verità i superbi,
Pur con periglio d’onta e di martirio!
E quell’uficio, oh quante volte i veri
Sacerdoti di Dio forti adempièro!
Talor sotto l’acciar de’ vïolenti
515Perìan que’ venerandi, e talor rotti
E insanguinati, e carichi di ferro
Venìan sepolti in erma, orrida torre:
Nè dai tremendi esempi sbigottito
Era il cor d’altri santi. E se la voce
520D’un’alma pura e consecrata all’are
Da iniqui prodi spesso iva schernita,
Pur non inutil pienamente ell’era:
Schernita andava, ma ponea ne’ petti
Di que’ feroci inverecondi un germe
525Che forse un dì fruttava; ed era un germe
Religïoso di terrore. E in mezzo
A tai feroci petti, alcun pur sempre
Te n’avea di men guasto, a cui l’ardita
Sacerdotal, magnanima parola
530Or di cospicui presuli, or d’umìli