Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico II.djvu/168

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Ch’orbo l’avea di quel fratello, e tutti
Ei sterminati indi li avrìa. Frenava
925Il proprio acciar, ma non frenava quelli
Della brïaca moltitudin varia
Ivi con esso a imperversar prorotta.
     Rifugge l’estro mio dalla pittura
Degl’inauditi singolari strazi
930Che segnalàr quel giorno. Oh vane e stolte
Speranze dei domati! oh retrospinte
Preghiere fervidissime, innalzate
Da’ miseri che proni eran nel sangue
De’ figli loro o nel fraterno sangue!
935Oh giustamente non curati applausi
Della stolida feccia scellerata
Che menar volea festa ai vincitori,
Liberator’ chiamandoli, e mandati
A raddrizzar tutti i plebei diritti!
940Oh inutil congregarsi trepidando
Di lagrimose vergini e di madri
E di fanciulli anzi ai predoni infami,
Ricordando a costoro i dolci nomi
Di pietà, di giustizia e d’innocenza!
945Oh ingiurie non dicibili! Oh colpiti
Dalle scuri sacrileghe gl’ingressi
Di più case di Dio, dove sgozzati