Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico II.djvu/184

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     Ei nella sala addotto vien. Severo
Salutevole cenno appena a lui
Movon gl’irati ghibellini.
                                                   — Donde
1305Tu, guelfo, a me?
                                      — Sir di Dogliani, al cielo
Piacque arricchir le avite mie castella
Di non lieve tesor. Vedi tal borsa
E orïentali perle ed adamanti,
Che saranno alcun che, perchè s’affretti
1310Dell’infelice signor mio il riscatto.
     — Che veggo? Agli occhi miei creder poss’io?
Tu che a Manfredo! . . .
                                           — A lui sacrato ho l’armi
Credendol pio liberator; lo vidi
Menzognero e tiranno, e gli ho disdetto
1315Il non dovuto mio servigio.
                                                          Ai torvi
Cavalieri asserenansi le fronti:
Esultan, cingon l’arrivato prode,
Gli stringono la destra, e per quegli ori
Da lui recati, soverchiare omai
1320Veggion quanto al riscatto era mestieri,
E benedicon Dio.
                                    Quel dì medesmo