Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico II.djvu/186

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Esul marchese, e, volto il palafreno,
Ad Eleardo s’accostò, e per nome
Chiamandol con affetto, — A te perenni
1350Sien grazie, disse; or mi si svela quanto
Debitor ti son io.
                                      Balzar di sella
Volle e prostrarsi il giovin, ricordando
La frenesìa che inimicollo al sire.
Ma smontò questi insieme, e lo rattenne
1355Con vivo amplesso, e intorno al cavaliero
Venner anco Riccarda e i dolci figli,
Mercè rendendo, che senz’esso lunga
Durar potea la prigionìa tuttora.
     Più da temersi non parea Tommaso
1360A’ nemici frattanto, e sovra lui
Liete canzoni alzavano beffarde.
Ma tacquer le canzoni indi a non molto
Al grido inaspettato, esser Tommaso,
Non nella reggia de’ Visconti, in vana
1365Mestizia ed in abbietti ozi sepolto;
Bensì già di colà rapidamente
Tornato a’ gioghi saluzzesi, in mezzo
A falange d’armati, inalberando
Il vessillo di guerra.
                                           Allor Manfredo