Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico II.djvu/200

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1680È quel mortal che temerario corse
A illusïoni infauste, onde tormento
Ineluttabil ridondò a’ suoi cari!
Oh come allor, nella pietà ch’ei sente
Di questa o quella vittima diletta,
1685Tardi vede primier debito d’uomo
Esser religïon, carità, pace,
Provvedimento a dolce sicurezza
Di domestiche gioie, e non desìo
Imprudente di gloria e di perigli.
     1690Tal verità gli splende, or che non puote
Più sollievo ritrarne il vecchio Arrigo;
E forte è assai per sè medesmo in tutte
Avversità, ma non è forte, al duolo
Della figlia pensando, e sebben mostri
1695In mezzo a’ suoi guerrieri animo invitto,
Spesso ei nel manto si rinchiude e piange.
     Tre dì Maria si stette in disperati
Non cessanti delirii:
                                         ― Empio Eleardo!
Perchè movevi alle felici insegne
1700Destinate al trionfo, e il padre mio
Per dolci preghi e dolce vïolenza
Teco a salvezza non traevi? Oh fossi
Tu restato co’ guelfi! il valoroso