Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico II.djvu/207

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Di Giobbe amici, lo compiange e incuora.
     — Non avvilirti, o prode; in cielo è scritto
1850Il destin de’ mortali; adorar sempre
Dobbiam di Dio gl’imperscrutati cenni:
Non accettarli è codardia e bestemmia.
     — Taci, impudente ghibellin; m’è noto
Che giusto è Iddio, che i falli miei punisce,
1855Che l’are sue mal onorai, che vissi
D’ira e d’orgoglio più d’ogn’uom, che merto
Cader per mani inesorate e inique.
Non mi ribello contro a lui; non biasmo
Il suo rigor, non tremiti codardi
1860Me presso a morte invadono: un’angoscia
Non ignobil mi preme. Ho una figliuola
Ch’orfana resta, e sua sventura io piango!
     — Padre ai pupilli derelitti è Iddio.
     — Vero favelli, ma la terra è piena
1865Di pupilli derisi, insidïati,
Spogli di tutto; ed ahi! su lor punite
Forse da Dio son le paterne colpe!
Indi io pavento, io peccator, sul fato
Che all’innocente figlia mia sovrasta.
     1870— Ben paventate, o sciagurati guelfi,
Che tanti alberghi incendïaste, e tanti
Olocausti sacrileghi immolaste: