Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico II.djvu/229

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Ma il manto della notte ai duo infelici
Prestò propizie tenebre, e dal mezzo
Del brïaco drappel de’ masnadieri
Quetamente si trassero alla valle.
     90Come lontani fur dall’empia frotta,
E ardiron favellare, il cieco strinse
La figlia al seno, e grazie alte le rese
D’averlo addotto a salvamento, e lei
Per l’accorto suo senno e per la dolce
95Filïal carità ribenedisse.
     — Or dove, o padre, senza aïta alcuna
Ci avvïeremo?
                               — O Clara mia, remoti
Siam dal nostro castello, e a ritornarvi
Il tempo mancherìa; son prezïosi
100Tutti gl’istanti; acceleriamo il passo
Verso il campo nemico, appo le triste
Di Saluzzo rovine. Or senza doni
Compariremo anzi al tremendo sire,
Ma sincere promesse il piegheranno
105A moti di clemenza. Inoltre ho fede
In mia canizie e in queste spente occhiaie
E nel pianto che versano, e ben anco,
Figlia, nel tuo.
                              Pensava Aroldo ospizio