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Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico II.djvu/235

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( 233 )

     — Nulla, o buon padre. Ma t’arresta; pensa
Che se tu, giunto appo i nemici, udissi
L’orribil caso . . . tu m’intendi . . . allora
Orfana forse rimarrei nel campo.
     230— Me perder temi, e non t’avvedi, insana,
Che scellerata è tua pietà? Egli muore,
E tu qui mi rattieni? Il varco sgombra,
Tel comando, obbedisci.
                                                    All’inusata
Ira paterna impaurissi Clara;
235S’alzò. Con passi rapidi il cammino
Misura il cieco, e strascinata quasi
La giovinetta il segue. Erasi spersa
La turba intanto che cingea i duo pini,
E presso a questi il padre e la sorella
240Arrivan di questi. Ella più volte
Erse il ciglio tremando, e insanguinate
Scorse due salme, e incontanente a terra
Ritrasse il guardo. E non varrìa sovr’esse
Fiso tenerlo ad indagar; chè franta
245Han la coppa del cranio, e dal mozzato
Lor sembiante piovea cèrebro e sangue.
     Ma quell’orrida vista e lo spavento
Forza a’ ginocchi tolgonle ed al core:
     — Padre! dic’ella, padre! . . . E qui stramazza