Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico II.djvu/238

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Con tanta gloria signorìa qui tenne.
     — È tardi, o vecchio, e duolmene. In te accogli
Tutta la forza ond’è capace il core
300D’un cavalier. Sovra quel legno pende
Un trafitto cui grazia altra non posso
Conceder più che di ritorlo ai corvi,
E consentirgli de’ suoi cari il pianto.
     Disse, e accennando che una guardia il morto
305Dalla croce calasse e all’infelice
Lo rimettesse, cogli sproni un tocco
Diede al cavallo, e col suo stuol disparve.
     Clara i sensi racquista, e oh di dolore
Qual novo orrendo palpito! Era dunque
310Il fratel suo quel miserando ucciso!
Eccolo tolto dal funesto legno;
Ed ella il raffigura a cicatrici
Che sul petto ei portava. Oh come il vecchio
E l’angosciata giovin su quel corpo
315S’abbandonan piangendo! Ella in un lino
L’infranta testa pïamente avvolge,
E chiede aiuto ai vïandanti. A dolce
Carità si commove una famiglia
Di Saluzzesi agricoltori, e dato
320Viene un carro con bovi, onde al lontano
Castello il morto cavalier si tragga.