Fu l’eloquenza dell’antico. A lui 490Clara abbracciava le ginocchia, e santi
Detti porgea con supplice dolcezza:
— Le iniquità punir sol puote Iddio;
Noi non possiam sul misero fuggiasco
Punirle coll’acciar: solo a punirle 495Una guisa n’è data, ed è il perdono.
Càlmati, o genitor; pensa che o degno
Per penitenza diverrà Manfredo,
O, rimanendo iniquo, a lui carboni
Saranno inestinguibili sul core, 500Giusta il dir dell’Apostolo, i rimorsi
E fra l’alme perverse il danno eterno.
A Dio il giudicio! a noi l’umil dolore,
E il benefico palpito e l’eccesso
Della pietà non sol sugl’innocenti, 505Ma pur sui rei, perocchè tutti d’uopo
Del perdono di Dio morendo avremo!
— Oh mia figliuola! sclama alfine Aroldo,
Ti benedico; santamente oprasti!
L’alza, al petto la stringe, e lagrimando 510Mercè le rende che alla prova il senno
D’esacerbato padre ella non mise.
Un dì alle torri del baron fu visto
Giungere di Manfredo un messaggero