Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico II.djvu/245

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Col più truce rigore insanguinata.
     Udì il vecchio baron quel forte grido,
E balzò dalla seggiola esclamando:
— Figlia! il nemico nostro! il maledetto
470Uccisor di Ioffrido!
                                          E sul rugoso
Pallido volto del canuto il foco
S’accese del furore. A’ piedi suoi
Clara gettasi allora, e gli palesa
Ciò che d’oprar le ispirò Iddio.
                                                                — No, Iddio
475Questo non t’ispirò! prorompe Aroldo;
Manfredo è un empio! ei di dominio sete
Portò infernal su queste invase terre,
Che al suo nepote, a lui sovrano, tolse!
Infame della patria e del suo prence
480Manfredo è traditor. Per sollevarsi
Sulla sede non sua, trasse alleati
E Provenzali e Càlabri e venduti
Guelfi di tutta Italia allo sterminio
De’ nostri feudi e delle nostre plebi,
485E incenerì Saluzzo! . . . e il figlio mio,
Il figlio mio su scellerata croce
A’ carnefici suoi diede bersaglio!
     Lunga e tremenda di rammarco e d’ira