Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico II.djvu/277

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E ingiurïati e rapinati, e a stento
Salvo recàr lunge dall’Arno il capo.
     575Frenar Gilnero or chi potea? ― Villana
Di beccai libertà! sozza di schiavi
Sollevati repubblica! Ed è questa
Dell’itale divine arti la terra?
La degna patria d’Alighier? la gente
580Che se vivo il dannò, morto l’adora?
Oh! nella schiatta saluzzese lingua,
Razza di! . . .
                          — Taci; andiamo. Oggi qui palma
Pur troppo han colto i rei. Se piace a Dio,
Roma ci appagherà.
                                        — Roma? Neppure
585Il Padre Santo più v’alberga!
                                                            — I tempi
Trapiantavan la sede in Avignone,
Ma al Tebro, il sai, riede Clemente alfine.
     — Quando vedrollo, il crederò: promesso
Da molt’anni è il ritorno; ad impedirlo
590Troppi s’adopran fra romani istessi.
Lasciamo, o sire, i vani sogni. Il mondo
S’approssima al suo fin, tutto è rapina,
Fraude, eresia, bestemmia; e più si muta,
Più si peggiora. Un angolo men tristo