Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico II.djvu/45

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     Ed esulta, e più guata, e vieppiù esulta.
          Quel benedetto dall’orribil genio
     Era un prode straniero, e fama tace
     Di qual progenie, e nome avea Guelardo.
          85Sul suo destrier peregrinava, e ladri
     Or assaliva, degli oppressi a scampo,
     Or dispogliava ei stesso i passeggeri,
     Se mercadanti, e più se ebrei. Nè spoglio
     Pur quelli avrìa, se a povertà costretto
     90Non l’avesse un fratel, che del paterno
     Retaggio spossessollo.
                                                     A che di bosco
     In bosco errasse, ei non sapea. Sperava
     Dal caso alte venture, e perchè tarde
     Erano al suo desìo, volgea frequente
     95Il pensier di distruggersi; e più volte
     Dall’altissime balze misurava
     Coll’occhio i precipizi, e mestamente
     Rideagli il core, e si sarìa slanciato
     Nelle cupe voragini, se voce,
     100O aspetto di mortali, o speranze altre
     Non l’avesser ritratto.
                                                     — O cavaliero,
     Salve.
                    — Scòstati, scòstati, o romito;