Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico II.djvu/95

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                                               Folli stranezze
Del core umano! Irnando, ancorchè fiero
185Più di Camillo, e a malignar proclive,
Più bei momenti non avea di quelli,
In che, pensando alla sua dolce infanzia,
Questo o quel nobil detto o nobil atto
Del caro, oggi abborrito, ei ricordava.
190In quei momenti (e rivenìan di spesso)
L’alma gli sorrideva, immaginando
Quanta ad entrambo tornerìa dolcezza
Esser amici ancor: ma appena accorto
Di questo desiderio, ei ripigliava
195A esacerbarsi, a biasimar sè stesso
Di soverchia indulgenza, ad intimarsi
Perseveranza d’astio e di disprezzo.
     Vedute in tanti cavalieri avea
Mutazïoni di principii abbiette!
200Gli uni servi al buon prence, indi congiunti
Perfidamente all’avversario suo;
Gli altri farsi un Iddio del tracotante
Contenditore ai trono, e poi, caduta
La sua potenza, irriderlo. E di tali
205Apostasie si ripetea sovente
La turpe inverecondia. E le più altere
Alme se ne sdegnavano, e temendo