Quanto il nocchier dall’Affrica
alle contrade artoe,
quanto dagli orti facili
alle rigide Stoe 100Grecia faconda, te cercando, errò!
Le terre ah! te non chiudono
da ignoti mar cerchiate,
né de’ sofi l’orgoglio;
ma l’anime ben nate 105di conoscerti a pieno ebber virtú.
Nel casto amor, nell’aurea
mediocritá, nel modo
posto a voglie non sazie,
e nel soave nodo 100d’amistá sacra la sorgente hai tu.
Schiette gli dèi sol beono
le tazze tue; fra noi
vi mesce amare gocciole,
né vietar tu lo puoi, 115per legge sculta in adamante, il mal.
Pur vinto egli è, se l’aurea
lance hai teco d’Astrea
e di prudenza vigile
lo specchio, e d’Igiea 120il fugator de’ morbi angue immortal.
Regio pastor di popoli
la sede tua beata
locò fra l’ombre tacite
del selvaggio Tifata, 125e ad obliar t’invita il patrio ciel.
I giorni qui si tingono
ne l’oro di Saturno,
fior mette il suol che premere
godi col piede eburno, 130stilla dall’elci cave il biondo mèl.