Pagina:Poggio Bracciolini - Facezie, Carabba, 1912.djvu/129

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facezie 117

ciò non si potea fare, il confessore rimase nell’avviso suo. E così la prolissità dello sciocco fu vinta dalla risposta.


CLXXVI

Di un tale che andando a visitare i parenti della moglie

voleva essere lodato da un amico.


Un tale che era di poco ferma salute, e poco ricco, aveva preso moglie; andò, d’estate, una sera a cena dai parenti di questa, e condusse seco un amico, pregandolo di aggiungere sempre col discorso a ciò che egli avrebbe detto. Quando la suocera lodò la veste che egli indossava, disse che ne aveva un’altra più bella, e l’amico che esso ne aveva una il doppio più bella ancora. E quando il suocero gli chiese se avesse de’ possedimenti, ed ei rispose che aveva un fondo fuori del paese, che gli rendeva abbastanza per vivere: “Non ricordi dunque, disse l’amico, l’altro fondo che possiedi e che ti produce tanto denaro?” E così via, di tutte le cose che egli vantava, l’amico aggiungeva il doppio. E poi che il suocero gli diceva che mangiava poco e lo pregava di prender cibo: “Io, disse, all’estate non sto bene;” e l’amico, per mantenere le cose come aveva cominciato: “Egli è, soggiunse, assai più di ciò che egli dica; perchè, se sta male all’estate, sta assai peggio nell’inverno.” A queste parole tutti scoppiarono dalle risa, e la esagerazione dell’uomo, indirizzata a false lodi, ebbe il premio che si conviene alla stoltezza.


CLXXVII

Di Pasquino da Siena che disse

ad uno del corpo di Stato che questo crepasse.


Pasquino da Siena, che fu uomo gioviale e faceto, quando la città mutò governo, si recò esule dalla patria a Ferrara; venne qui per vederlo un cittadino sanese,