Pagina:Politici e moralisti del Seicento, 1930 – BEIC 1898115.djvu/156

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150 torquato accetto

interessi; e dico che ciò avviene fuor di sé, perché niuno, il qual non abbia perduto il bene dell’intelletto, ha persuaso se stesso al contrario del suo concetto che sia da lui appreso con la ragion in atto; onde a questo modo non si può far inganno a se medesimo, presupposto che la mente non possa mentire con intelligenza di mentire a se stessa, perché sarebbe veder e non vedere; si può nondimeno tralasciar la memoria del proprio male, per qualche spazio, come dirò; ma dal centro del petto son tirate le linee della dissimulazione alla circonferenza di quelli che ci stanno intorno. E qui bisogna il termine della prudenza che, tutta appoggiata al vero, nondimeno a luogo e tempo va ritenendo o dimostrando il suo splendore.

IV.

La simulazione non facilmente riceve quel senso onesto,
che si accompagna con la dissimulazione

Io tratterei pur della simulazione, e spiegherei appieno l’arte del fingere in cose che per necessitá par che la ricerchino; ma tanto è di mal nome, che stimo maggior necessitá il farne di meno; e benché molti dicano: Qui nescit fingere nescit vivere, anche da molti altri si afferma che sia meglio morire, che viver con questa condizione. In breve corso di giorni o d’ore o di momenti, com’è la vita mortale, non so perché la medesima vita si abbia da occupar a piú distrugger se stessa, aggiungendo il falso delle operationi dove l’esser quasi non è; poiché la vera essenzia, come disse Platone, è delle cose che non han corpo, chiamando imaginaria l’essenzia di ciò ch’è corporeo. Basterá dunque il discorrer della dissimulazione, in modo che sia appresa nel suo sincero significato, non essendo altro il dissimulare, che un velo composto di tenebre oneste e di rispetti violenti: da che non si forma il falso, ma si dá qualche riposo al vero, per dimostrarlo a tempo; e come la natura ha voluto che nell’ordine dell’universo sia il giorno e la notte,