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164 torquato accetto

propria tempesta; ma nel sereno dell’animo che, ritirato ogni pensiero nell’altissima parte della mente, potrá sprezzar molte cose, o non curar di vederle.

XVI.

Chi ha soverchio concetto di se stesso,
ha gran difficultá di dissimulare

L’error che si può far nel compasso, il qual si gira nell’opinion di noi stessi, suol esser cagion che trabocchi ciò che si dee ritener ne’ termini del petto; perché, chi si stima piú di quello che in effetto è, si riduce a parlar come maestro, e parendogli che ogni altri sia da men di lui, fa pompa del sapere, e dice molte cose che sarebbe sua buona sorte aver taciuto. Pitagora, sapendo parlare, insegnò di tacere; ed in questo esercizio è maggior fatica, ancorché paia d’esser ozio. I concetti che risuonano nelle parole, non solo portano l’imagine di quelli che stanno nell’animo, ma son fratelli mentali (giá che non posso dir carnali) del concetto che l’uomo ha del suo sapere. Questo è il concetto primogenito (per dir cosí), al qual succedono gli altri; e se non è con misura, ne procedono molti e vari ragionamenti, e di necessitá però si scopre quanto è nel pensiero; ma chi di sé fa quella stima che di ragion conviene, non commette alla lingua maggior giuridizzione di quanto è il lume dell’intelligenzia che la dee muovere.

XVII.

Nella considerazione della divina giustizia si facilita il tollerare
e però il dissimular le cose che in altri ci dispiacciono

Convien di trattar di alcune cose piú in particolare, che ricercano d’esser tollerate, ch’è lo stesso a dir dissimulate, poiché sono molt’i dispiaceri dell’uomo ch’è spettator in questo gran teatro del mondo, nel qual si rappresentano ogni dí comedie e