Pagina:Politici e moralisti del Seicento, 1930 – BEIC 1898115.djvu/313

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nota 307


nelle guerre di Fiandra e in quelle di Piemonte, dove fu all’assedio di Verrua. Ma avendo poi dovuto smettere la professione delle armi per cagionevolezza di salute, dopo essersi alquanto riposato in patria, tornò ai servigi di Spagna, recandosi presso la corte con una raccomandazione del duca di Feria, sotto il quale aveva militato. Colá egli si legò in istretta dimestichezza col conte-duca d’Olivares, di cui calorosamente approvava e ammirava l’indirizzo politico, e del quale si acquistò la piena fiducia. L’Olivares non solo lo chiamò al consiglio di Stato e guerra, ma lo mandò nel 1640 ambasciatore di Spagna in Inghilterra, dove il Malvezzi praticò assai Carlo I (e si dice che, osservata la fisionomia di quel re, avesse prognosticato la morte violenta che lo aspettava1); e poi ancora gli affidò un’altra missione presso il Cardinal Ferdinando, governatore dei Paesi Bassi. E quando, nel 1643, il conte-duca fu crudelmente sacrificato all’odio popolare, e piú direttamente a quello delle principesse e dame di corte (egli aveva risposto una volta alla regina, al vederla immischiarsi in cose di politica, che i monaci servono per pregare e le donne per fare figli); quando quell’uomo, che era a suo modo un gran patriota e zelantissimo nel servizio del re, fu relegato lontano da Madrid e trattato con tanta durezza che qualche anno dopo ne venne pazzo e morí: il Malvezzi, ubbidendo a un dovere di gentiluomo, chiese al re di potersi recare a «vivere e morire» col suo «signore»; al che il re rispose approvando quel sentimento, ma differendo la licenza, perché l’opera di lui gli serviva per una giunta che aveva allora convocata. Cosí narra il Malvezzi stesso in una lettera a un amico bolognese2; nella quale si sente forse un po’ di compiacimento pel bel gesto3, ma che, insomma, mostra che egli sapeva come bisognasse condursi correttamente. Chi ricercasse tra le sue carte, che pur si debbono conservare in qualcuna delle famiglie da lui discese, e nei documenti dell’archivio di Simancas, potrebbe

  1. Fantuzzi, op. cit. Nelle Lettere cit. dell’Armanni sono notizie del suo soggiorno in Inghilterra, I, 187; III, 35-9.
  2. In data di Saragoza, 11 ottobre 1643, edita dal Fantuzzi, op. cit., pp. 177-8 n.
  3. «V. S. senza dubbio non si meraviglierá di vedere, quando sono nella maggior fortuna ch’io sia stato mai ai miei giorni, tratti di lasciare la fortuna e la patria, parenti ed amici, interessi ed onori, per seguitare un amico cascato nella mala fortuna: dico che V. S. non si meraviglierá, perché è informata della mia buona legge d’amicizia, e che sono e che ho sempre protestato d’essere un uomo onorato e senza interesse».