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88 ludovico settala


non esser dubbio che questo voto penetrava piú altamente a’ segreti dell’imperio. Questo comprende gran ragione di stato regia contro i patrici. Perché molte cose ritengono apparenza di vero che in segreto vengono indrizzate al contrario: e perciò l’accortissimo Tiberio, accorgendosi dove andava a ferire quel parere, e scorgendo, oltre il fine, esser ancora proposto per penetrare il segreto del suo animo e la sua inclinazione, mostrò di aver contrario parere di quello, che veramente egli aveva. E perciò l’istorico segue: «Tuttavia Tiberio ne discorreva, come se perciò fosse cresciuta la sua autoritá»; perché essendo contro la sua intenzione, che egli aveva nel modo di governare, e scorgendo la durazione negli uffici e governi publici, la quale tenga colore di perpetuitá, esser contro la conservazione della sua monarchia: per non discoprire, con negar ciò che nel voto era proposto, il segreto dell’animo suo, ancor che non l’ammettesse, mostrò ciò fare per modestia, acciocché la sua potenza non si accresca soverchiamente, non mostrando d’intendere il misterio, che si contiene nella proposta. Era però questo tutto per ragion di stato. Prima perché la creazione dei magistrati appartiene al prencipe. Di piú per meglio ributtare quel parere di Asinio Gallo soggiunge: che gli uffici, che non durano molto tempo, hanno almeno questo di buono, che coloro, li quali una volta vengono esclusi dal potergli ottenere, sopportano ciò piú pazientemente per la speranza della seconda nomina «Per il contrario, insuperbirsi gli uomini con essere eletti al magistrato annuo; e che sará se per cinque anni lo possederanno?». Inoltre, «appena potersi fuggire l’offese, che si fanno per le ripulse d’ogni anno, ancora che la vicina speranza gli consoli; quanto adunque penseremo che sii per partorire d’odio, se saranno esclusi per cinque anni?» Ma di piú, con tal determinazione si sminuisce la facilitá al prencipe di gratificar molti; essendo però che il prencipe piú di ciò ha bisogno, principalmente se sará prencipe nuovo, cioè del favore, e benivolenza de’ cittadini. E di quanta importanza sta al prencipe il poter molto gratificare i suoi cittadini insegnò Aristotele al secondo della Politica, al capo settimo; e Cassiodoro di