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che mi vi teneva; e ancora la tramontana non si vedeva, nè le istelle del maestro. E sono idoli salvatichi, e hanno re ricco e grande; e1 anche s’appellano per lo Gran Cane. Noi vi stemo cinque mesi: noi uscimo di nave, e faciemo castella in terra di legname; e in quelle castella istavamo per paura di quella mala gente e delle bestie che mangiano gli uomeni. Egli hanno il migliore pesce del mondo. E non hanno grano, ma riso; e non hanno vino se non com’io vi dirò. Egli hanno alberi,2 che tagliano gli rami, e quelli gocciolano, e quella acqua che ne cade è vino; ed empiesene tra dí e notte un gran coppo che sta appiccato al troncone, ed è molto buono. L’albero èe fatto come piccoli alberi di datteri, e hanno quattro rami. E, quando quel troncone non getta piue di questo vino, egliono gittano dell’acqua appiè di questo albore, e, istando un poco, el troncone gitta; ed havvene del bianco e del vermiglio. Delle noce d’India ve n’hae grande abondanza3. Eglino mangiano tutte carne, buone e ree. Or lasciamo qui, e conterò vvi di Dragouain.

CXLV (CLXVIIl)

Del reame di Dragouain (Dagroian).

Dragouain è uno reame per sè, e hanno loro linguaggio, e sono di questa isola; la gente è molto salvatica, e sono idoli. Ma io vi conterò un mal costume ch’egli hanno: che, quando

  1. Berl. Pad. e tiense per el Gran Can. In la qual contrada io Marco demorai zinque mesi. A caxion de rio tempo che nui avesemo, che non ne lasò navegar, nui desendesemo de nave in tara...
  2. Berl. Pad. i le taiano, a zerto tempo de l’ano, quel ramo; e a zascun de queli rami ligano un òrzo al modo che se tuono l’aqua dela vite...: e inpieno i òrzi entro dí e note...
  3. Berl. * le qual sono grosse e bone da manzar.