Pagina:Pontano - L'Asino e il Caronte, Carabba, 1918.djvu/118

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il caronte 111

terribile e d’ignoto, e consuma i giorni e le notti stando in ginocchio a supplicare gli dei e a borbottare orazioni e giaculatorie, e magari a piangere per nulla... Non son queste le cose che muovono gli dei, ma le buone azioni, gli onesti pensieri, e la volontà di fare il bene. Ti pare, Caronte, che sia degno d’un dio godere dello spavento e delle lagrime degli umani? Dio ama i buoni, i giusti, gli onesti, non i piagnucoloni. E che onore ne viene a Dio, se uno sale al tempio a piedi nudi?... Ai medici forse ne verrà qualche utile! Quanto è grata agli dei la vera religione, altrettanto è loro molesta la superstizione. La quale talvolta giunge ad eccessi così detestabili, che, come se noi Numi ingrassassimo volentieri nel sangue, l’uomo non solo ci sacrifica vittime umane, ma ci versa anche il proprio sangue!

Car. — E i sacerdoti e i pontefici non cercano d’impedire queste scelleratezze? Quantunque... so pur troppo che, fra quanta gente trasporto nella mia barca, quelli mostrano in fronte il marchio più brutto...

Merc. — Pontefici? sacerdoti?... Ma se la loro cura più grave è quella di arricchire, di accrescere il patrimonio e d’ingrassare il ventre! Avari sì, ma per aver di che spendere nel vestire e nel mangiare... So p. es. d’un Cardinale, che per poco non scacciò il suo dispensiere, perchè gli era parso troppo caro un pesce lupazzo (ne chiedevano sessanta fiorini d’oro!) e non lo aveva comprato. «Hai così poca cura della mia vita?» gridava il prete inferocito... Religione? santità?... «Far la bella vita» ecco il loro primo pensiero...

Car. — Non vorrei aver orecchie per non sentir ciò: che vergogna! E la gente li tollera?

Merc. — C’è di peggio: un altro, del medesimo