Pagina:Praga - Memorie del presbiterio.djvu/123

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Baccio, che in meno d’un baleno era salito e ridisceso, mi appoggiò la bocca all’orecchio e mi disse:

— Don Luigi ha bisogno di voi..

Scoccavano appunto le undici ore.

Salii d’un balzo.

Certo le pareti del presbiterio non somigliavano alle mura massiccie e pendenti dei nostri bisavoli; giacchè dal viso alquanto sconvolto del curato e dalle pieghe sconnesse delle sue coltri m’accorsi, — e non presi un granchio, — che dal suo primo piano, egli aveva udito in parte se non in tutto la conversazione della cucina.

Don Luigi mi stese la mano e mi disse:

— Voi che mi parlavate di Tebaide, e mi dicevate— oh! le ricordo le vostre parole, — Tebaide, dove son vive ancora le memorie bibliche, e gli uomini santi le respirano ancora, e le ripetono con sapienza antica... — Vedetela la Tebaide, vedetela la sapienza! Ditemi come è vero che le apparenze ingannano! Credevate di arrestare il vostro passo di nomade in un eremo e siete entrato in una bolgia.... Non importa! Le vie della Provvidenza sono infinite. Forse è Lei che vi ha inviato. Ciò che sapeste per l’angosciosa espansione di quel povero Beppe, è il primo filo di tutta una lugubre istoria che oramai sarebbe impossibile tenervi nascosta. Ma di ciò a suo tempo. Ora siete mio ospite, e sapete ciò che vi dissi ieri in giardino. Temete le barricate; ciò che in volgare significa: non partirete senza il mio permesso. Ora si tratta di non lasciare solo quell’infelice. Egli ha nell’anima la vendetta; giacchè, voi lo indovinate senza che io ve lo dica... Quella povera Gina!...

Egli s’interruppe con un gesto d’orrore che mi si apprese al cuore.