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Pagina:Praga - Memorie del presbiterio.djvu/20

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— E fra due ore, troverò alloggio all’osteria di...

— Ne può esser certo: la Gertrude, la locandiera, una diavolaccia che ha cinque figlioli sulle spalle, apre ai forestieri di notte: scenderebbe per servirla, anche se si trovasse in punto di morte.

— Ditemi un po’ che facevate intorno alla fontana?

— Le dirò: non posso andar a casa se prima non mi sono assicurato che nulla impedisce il corso dell’acqua. Per esempio, veda, stanotte la voleva esser bella, se non c’era io a liberare da questa calza il pertugio. L’acqua inondava la strada, e domattina per le giovenche, restava nel bacino quella del bucato.

— Siete dunque impiegato municipale?

Spalancò gli occhi, come se gli avessi parlato chinese, poi rispose:

— Io sono il campanaro. È per questo che non posso andar a casa senza aver visitata la fontana.

Lo strano ravvicinamento del lavatoio col campanile era fatto per destare la mia curiosità. Ma l’altro non mi fece sospirare, e continuò:

— Il signor curato non dimentica mai, quando passo nella sua stanza per metter la spranga alla porta, dopo il rosario, di domandarmi se ci sono stato «Baccio e il pertugio?» oppure soltanto «Baccio?»... Sissignore, va tutto bene. È come un’altra terza parte...

— Il curato copre dunque anche le funzioni di sindaco?

— Il sindaco! Si starebbe freschi se si aspettasse una provvidenza dal sindaco...

Eravamo usciti dal villaggio, e già appariva non lontana la parete bianca del presbiterio, e più in su, dietro la cima di un boschetto, la freccia aguzza e scintillante del campanile.