Pagina:Praga - Memorie del presbiterio.djvu/47

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— Mi sentirete a parlare. Sono contento che siate testimonio anche voi. Domani siete in libertà? Venite a pranzo da me; alla buona, ma... almeno senza, latino.

— Non mancherò, signor sindaco.

— Sono figlio di un militare, e sacr... fortezza ci vuole...

— Per l’appunto. Fortiter et....

Troncò la citazione come l’altro aveva troncato a metà la bestemmia, ripiegò dicendo: Fortezza, fortezza: è la prima qualità ch’io stimo negli uomini.

La messa era arrivata al Domine non sum dignus. L’organista infrenava i suoi tromboni e lasciava smorire la sua vena musicale in un belato di voce umana.

Le ultime parole dello speziale risuonarono nei silenzioso raccoglimento della Comunione e fecero rivoltare tutto l’uditorio.

— Silenzio, diss’egli stizzito al sindaco, mi fate parere ridicolo.

— To’ è lui!.... borbottò l’altro, — poi ripigliando senz’altro il filo del suo ragionamento che malgrado l’interruzione aveva continuato a dipanarsi nel suo capo bernoccoluto:

— Eppoi sentite; la prescrizione non corre perchè il titolo è precario e to’, mi hanno detto, sono sicuro che, per essere latino, dovrà persuadervi: non currit præscriptio contra....

Non currit præscriptio contra non valentem agere, suggerì dolcemente l’organista che, ai suoi bei tempi, aveva fatto lo scrivano di notaio.

Il Sindaco si volse brusco brusco e con uno sguardo bieco stereotipò sul viso tondo dell’omacciolo il suo ebete sorriso.